Attualità
Il Bollettino Excelsior di novembre 2025, realizzato da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro, restituisce l’immagine di un'Umbria che cambia pelle con una rapidità silenziosa. Non si parla di un crollo o di un'inversione repentina, ma di un progressivo scivolamento verso un'economia più leggera, meno industriale, più legata ai servizi e, soprattutto, meno capace di valorizzare le competenze alte.
Stando a quanto emerge dal Bollettino Excelsior, nel primo semestre la crescita dell'Umbria si ferma allo 0,6%, informa la Banca d'Italia. Il dato rivela il sintomo di una regione che non si reduce, ma avanza con meno energie, riflettendo la stessa fotografia nazionale, nonostante la coda lunga degli investimenti del Pnrr. Di conseguenza, anche il mercato del lavoro rallenta.
Le assunzioni previste per novembre – escluso il settore agricolo censito solo da metà 2025 e per il quale quindi non è possibile fare confronti con gli anni precedenti – scendono da 5.700 nel 2024 a 4.730 nel 2025, registrando un calo del 17%. Anche in questo caso si tratta di una crescita meno vivace, la base occupazionale umbra continua infatti ad ampliarsi, ma lo fa a un ritmo rallentato.
Un secondo dato che emerge con forza dall'analisi riguarda il fatto che l'occupazione, da anni, cresce più del Pil. Questo squilibrio produce effetti molto concreti, tra i quali: aumento dei lavori instabili, salari più bassi e contratti più fragili. A novembre in Umbria sono previsti 5.170 avviamenti al lavoro, che salgono a 16.130 nel trimestre novembre-gennaio. Dalle previsioni degli imprenditori sugli avviamenti al lavoro emerge una regione che continua a creare occupazione, ma con un passo più lento mentre l'economia rallenta e la produttività ristagna o arretra, ampliando il fenomeno del lavoro "povero".
Il cuore della fragilità umbra resta l'industria. Le assunzioni previste a novembre calano da 2.220 nel 2024 a 1.640 nel 2025. La discesa è diventata una condizione stabile e strutturale in cui l'Umbria perde industria come il resto d'Italia, ma con un'intensità maggiore. Ogni anno si assottiglia la base produttiva, si riduce la capacità innovativa e il tessuto manifatturiero perde pezzi. Anche i servizi segnano una flessione (da 3.480 a 3.090), pur restando il pilastro dell'occupazione regionale. L'agricoltura registra 430 avviamenti previsti (nel complesso, se si comprende l'agricoltura, le assunzioni previste in Umbria a novembre sono 5.170). In soli due anni l'industria è scesa dal 39,8% al 34,7% delle assunzioni previste.
Nel trimestre novembre-gennaio, le imprese umbre programmano 16.130 assunzioni. È un numero incoraggiante che, tuttavia, deve fare i conti con un ostacolo ormai strutturale: nel 53% dei casi, le aziende non trovano le figure di cui hanno bisogno. Un valore molto superiore alla media italiana (45,7%), segno che la distanza fra domanda e offerta continua ad ampliarsi. La difficoltà non riguarda tanto la qualità dei candidati quanto la loro assenza. Il 10% di assunzioni destinate a laureati è un dato che fotografa una debolezza storica. L'Italia si ferma al 13%, già insufficiente in chiave europea. L'Umbria va ancora più indietro. E lo stesso accade per dirigenti, specialisti e tecnici: 13% delle entrate previste, contro il 17% nazionale. Sono cifre che restituiscono un'economia che funziona, ma fatica a crescere qualitativamente. Non produce abbastanza lavori ad alto valore aggiunto, non trattiene i giovani formati, non crea un ecosistema competitivo. L'esito è una triste conseguenza associata alla fuga di competenze, indebolimento del capitale umano, prevalenza di mansioni tradizionali. Le imprese cercano profili che non trovano e i laureati restano ai margini.
Il cambiamento strutturale dell'Umbria è evidente confrontando i dati con quelli di due anni fa. Al netto dell'agricoltura i servizi assorbono il 65,3% delle previsioni di assunzione da parte degli imprenditori, mentre al lordo dell'agricoltura la percentuale è del 61,7%. Il commercio avanza dal 14,9% al 18,2%, il turismo dal 15,6% al 17,1%, i servizi alla persona dal 9,6% al 10,6%. Le costruzioni frenano, scendendo dal 14,3% al 12,1%, segno di un settore che esaurisce la stagione straordinaria degli incentivi. Il punto critico resta l'assenza di un vero terziario innovativo.
Solo il 23% delle entrate previste sarà stabile; il 77% sarà a termine. Il 60% dei nuovi ingressi si concentra nei servizi, il 67% nelle imprese sotto i 50 addetti. Un terzo delle assunzioni riguarda giovani sotto i 30 anni, il 24% personale immigrato. Nel 65% dei casi è richiesta esperienza specifica. E soltanto il 14% delle imprese umbre prevede di assumere nel mese. "Il Bollettino Excelsior ci consegna dati che richiedono una lettura attenta .- dichiara Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell'Umbria .- Il rallentamento della produttività e l'aumento dei lavori meno qualificati mostrano che il tema centrale è la qualità dello sviluppo, non solo la sua quantità. La struttura economica dell'Umbria sta cambiando in modo profondo e questo impone a tutti noi uno sforzo ulteriore per elevare competenze, capacità innovative e solidità dei sistemi produttivi. La Camera di Commercio è da tempo impegnata in questa direzione, attraverso strumenti, servizi e iniziative che accompagnano i diversi comparti in un contesto complesso. I dati ci ricordano che la competitività del territorio dipende dalla capacità di affrontare questi passaggi con visione e responsabilità condivisa".
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