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Il cantiere modello di Sant'Eutizio a Preci. Ricomposti i 400 pezzi del rosone

Il restauro dell'abbazia benedettina tra gli interventi più significativi della ricostruzione dopo le scosse del 2016

Patrizia Antolini

30 Ottobre 2025, 16:35

Il cantiere modello di Sant'Eutizio a Preci. Ricomposti i 400 pezzi del rosone

Il restauro dell’Abbazia di Sant’Eutizio, nel cuore della Valnerina, rappresenta uno degli interventi più emblematici della ricostruzione post-sisma del 2016. Il cantiere, avviato nel dicembre 2022, è un laboratorio di tecniche e conoscenze, un intreccio di artigianalità e tecnologia che riporta in vita uno dei luoghi più simbolici dell’Umbria. L’intervento nasce nel solco della filosofia del “dov’era, com’era”: ricostruire rispettando fedelmente l’impianto originario, ma con sistemi moderni capaci di resistere alle scosse sismiche e di restituire al tempo stesso la rupe e il paesaggio naturale che incorniciano l’abbazia.

Il cantiere della memoria

L’intero progetto è seguito sotto l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza dell’Umbria. Ogni scelta operativa viene condivisa tra i progettisti - l’ingegnere Giampaolo Capaldini e l’architetto Fabrizio Bonucci - e le imprese insieme alla soprintendente Francesca Valentini e ai funzionari Vanessa Squadroni e Giovanni Luca Delogu, attraverso un costante dialogo e frequenti sopralluoghi. A supervisionare con particolare partecipazione il committente, l’arcivescovo della Diocesi di Spoleto Norcia, Renato Boccardo che personalmente si è occupato anche del restauro del prezioso crocifisso andato in pezzi sotto l’abside, affidandolo ai Musei Vaticani. “Un vero miracolo”, lo ha definito il sindaco Massimo Messi.

Il lavoro coinvolge diverse aziende umbre: C.E.S.A., TecnoStrade e Lunghi, coordinate dai direttori di cantiere Nicola Falcini, Francesco Caporali e Antonio Lunghi. “È un esempio di sinergia tra imprese – spiegano – in cui l’obiettivo comune è davvero condiviso da tutti. I subappalti sono ridotti al minimo, perché un cantiere così complesso può essere affrontato solo con personale diretto, esperto e con lunga esperienza”. Gli interventi spaziano dal restauro delle superfici al consolidamento strutturale, fino alla ristrutturazione e all’adeguamento impiantistico, passando per la bonifica del fondale e i consolidamenti geotecnici. Un lavoro che ridà corpo a una storia millenaria, letteralmente travolta dal movimento franoso della montagna che, insieme al sisma, aveva cancellato gran parte del complesso.

Un ritorno “dov’era, com’era”

Il sisma del 2016 aveva fatto collassare la rupe e il campanile sulla chiesa, seppellendo la facciata e il suo prezioso rosone sotto duemila metri cubi di roccia e detriti. Le successive campagne di scavo hanno permesso di recuperare tutti i conci della facciata e il 98% degli elementi costituenti il del rosone. Se i blocchi della facciata si sono conservati quasi intatti, il rosone si è invece frantumato in circa quattrocento frammenti. La ricomposizione è stata un lavoro di pazienza e precisione. “A Sant’Eutizio nulla è casuale – raccontano i tecnici –: questo ci ha aiutato a rimettere insieme il rosone con una certa facilità, mentre è stato molto più complesso ricollocare i conci di paramento della facciata esattamente dove si trovavano”.

La ricostruzione della facciata

Per il recupero della facciata è stato elaborato un metodo rigoroso e innovativo. Tutti i conci sono stati misurati, catalogati e archiviati in un database, con l’indicazione dei colori e delle lavorazioni superficiali. I frammenti ancora in opera sono stati rilevati in scala 1:1 e trasformati in sagome lignee, i cosiddetti “macroconci”. Su un letto di sabbia, allestito accanto al cantiere, è stata quindi rimontata a secco l’intera facciata, come un gigantesco puzzle tridimensionale. Una volta completata e verificata, la struttura è stata smontata e poi ricollocata nella sua posizione originaria. Questo intervento rappresenta un raro esempio di anastilosi perfetta – e cioè la ricomposizione dei pezzi originali nella loro esatta collocazione – tanto da essere studiato da diverse scuole di architettura e presentato al Convegno di Firenze in occasione dei 60 anni della Carta del Restauro di Venezia.

Il rosone ritrovato

Per il rosone, invece, la ricostruzione ha potuto contare su strumenti digitali d’avanguardia. Ogni frammento è stato scansionato in 3D, permettendo di verificare gli incastri e individuare la posizione originale dei pezzi. Il rimontaggio è avvenuto in più fasi successive: prima a secco, poi con la ricostruzione dei frammenti mancanti tramite stampa 3D, e infine con prove di carico e assemblaggio definitivo, compreso l’inserimento di una cerchiatura in acciaio inox a rinforzo dell’elemento centrale. Il rosone, oggi, è pronto per tornare nella sua sede originaria: manca solo il trasporto dal laboratorio di Città di Castello a Preci e il suggestivo “volo dell’angelo”, come è stato ribattezzato il delicato sollevamento per il rimontaggio finale sulla facciata restaurata.

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