ECONOMIA
L’artigianato umbro in lenta agonia: le imprese continuano a diminuire, più che nel resto d’Italia. E l’innovazione, per ora, resta un miraggio. I dati di Unioncamere della Camera di commercio dell’Umbria delineano un quadro preoccupante: dal 2015 le imprese artigiane della regione sono scese da 21.948 a 19.365, con un calo dell’11,8%, ben oltre l’8,5% della media nazionale. Rispetto al 2019 la contrazione è del 5,4% (contro il 3,5% in Italia). Negli ultimi anni, la mappa dell’artigianato umbro è cambiata: tra il 2022 e il 2024 sono cresciuti gli estetisti (+6,2%), i tassisti (+2,6%) e i serramentisti (+11%). Hanno perso invece terreno falegnami (-5,7%) ed elettricisti (-4,9%), due mestieri simbolo della tradizione. In controtendenza i trasportatori, aumentati del 5,1% contro l’1,7% della media nazionale.
Il trend riflette una difficoltà strutturale del sistema produttivo regionale ad adattarsi a un mercato che premia innovazione e specializzazione. Il divario più evidente riguarda il digitale: in Italia le imprese artigiane dell’Ict sono cresciute del 5,4%, mentre in Umbria sono rimaste ferme, appena cinque nel 2022, e tali sono tuttora. Un segnale eloquente del ritardo nella transizione tecnologica, nella digitalizzazione dei processi e nell’uso dei canali online. “I dati confermano che l’Umbria soffre più di altre regioni la contrazione dell’artigianato, e questo deve interrogarci con grande serietà — spiega Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria — Non parliamo solo di numeri, ma di un intero modello produttivo che fatica a rinnovarsi.
Troppi piccoli imprenditori restano soli, senza un adeguato supporto nella transizione digitale e senza accesso facile al credito o a reti di collaborazione. E’ una fragilità che non riguarda la qualità del lavoro artigiano, che in Umbria resta altissima, ma la difficoltà di adattarsi a un mercato dove tecnologia, formazione e competenze nuove sono ormai imprescindibili. E’ qui - evidenzia ancora Mencaroni - che le istituzioni devono fare la differenza: non bastano incentivi episodici, servono percorsi di accompagnamento continui e politiche industriali che premino innovazione, formazione tecnica e ricambio generazionale”.
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