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Chi era Abu Abbass, il terrorista palestinese che ideò il dirottamento della nave Achille Lauro. A Sigonella, 40 anni fa, Italia e Usa furono sull’orlo di uno scontro armato

L’allora premier Bettino Craxi impose al presidente americano Donald Reagan la volontà del governo italiano mettendo in crisi i rapporti tra i due paesi alleati

Clementina Civitavecchia

08 Ottobre 2025, 13:05

Chi era Abu Abbass, il terrorista palestinese che ideò il dirottamento della nave Achille Lauro. A Sigonella, 40 anni fa, Italia e Usa furono sull’orlo di uno scontro armato

La nave Achille Lauro e, nel riquadro, il terrorista Abu Abbass

Il dirottamento dell’Achille Lauro iniziò il 7 ottobre 1985 intorno alle ore 13.07 e si concluse il 10 ottobre, quando i sequestratori furono costretti a lasciare la nave. L’aereo che li trasportava come lasciapassare diplomatico, frutto di una negoziazione con i mediatori, fu bloccato dai caccia americani e costretto ad atterrare presso la base Nato di Sigonella, in Sicilia. Iniziarono così le ore ad alta tensione della “notte di Sigonella”, in cui l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, disse un clamoroso “no” all’America. Tra i dirottatori c’era Abu Abbas, volto emblematico del terrorismo palestinese e leader dell’FLP (Fronte per la Liberazione della Palestina), che giocò un ruolo chiave nella vicenda: si spacciò per negoziatore, pur essendo la mente strategica del blitz e pur avendo ordinato l’esecuzione di un passeggero, Leon Klinghoffer, cittadino americano di 69 anni, ebreo, disabile, costretto su una sedia a rotelle.

I protagonisti della vicenda

I protagonisti di questa vicenda sono Bettino Craxi, presidente del Consiglio italiano; Giulio Andreotti, ministro degli Esteri; Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti d’America; il suo consigliere, Robert McFarlane; Abu Abbas, terrorista palestinese e fondatore del Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP); Yasser Arafat, leader politico della Palestina; il generale dell’Aeronautica Militare italiana Franco Martini; il generale della Delta Force americana, Carl W. Stiner. È il 7 ottobre 1985 quando qualcuno bussa alla porta dell’ufficio di Gerardo De Rosa, il comandante della nave da crociera Achille Lauro, salpata da Genova per navigare nelle acque del Mediterraneo orientale. Il comandante in seconda entra senza chiedere il permesso: “Ci sono i terroristi a bordo”. 

Sono quattro, di cui uno minorenne, imbarcati a Genova con passaporti contraffatti: si dichiarano tutti membri dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Tra loro il palestinese cresciuto in Siria, Muhammad Zaydan, noto col suo nome di battaglia Abu Abbas. Era l’uomo di Arafat e leader e fondatore del Fronte di Liberazione per la Palestina (FLP), un movimento con ideologia e tattiche più radicali rispetto all’OLP. “Mayday, mayday, qui l’Achille Lauro, siamo stati dirottati da un numero imprecisato di palestinesi che richiedono la liberazione di 50 loro compagni detenuti in Israele”: è il messaggio partito da chi comandava la nave. Il progetto iniziale dell’FLP era un raid diretto contro un porto israeliano, ma, essendo stati sorpresi a maneggiare armi da alcuni membri dell’equipaggio, modificarono la loro missione dirottando la nave. Il segnale d’aiuto raggiunge l’Italia: Giulio Andreotti, ministro degli Esteri, si mette in contatto con il Cairo con Arafat, ottenendo piena collaborazione da entrambi i paesi. In un comunicato stampa della Palestina si legge: “Noi non c’entriamo niente, ma vogliamo aiutare l’Italia in questa difficile crisi”.

Uccisione di Klinghoffer e falsa mediazione di Abbas

Intanto, il commando armato chiede di attraccare in Siria con la minaccia di far esplodere la nave. Gli Stati Uniti respingono la richiesta: non si tratta con i terroristi. La risposta fa precipitare la situazione a bordo: i membri dell’FLP sequestrano i passaporti dei viaggiatori, minacciando il comandante di ucciderne uno ogni tre minuti. In pochi istanti si passa dalle parole ai fatti. Un passeggero americano in sedia a rotelle, Leon Klinghoffer, ebreo di 69 anni, viene portato sul ponte e lì giustiziato con un colpo di pistola al petto e alla fronte. Il cadavere viene scaraventato in mare. Il suo aguzzino è Abu Abbas, il terrorista dirottatore che da questo momento in poi farà da mediatore tra i governi coinvolti per risolvere pacificamente la vicenda.

Infatti, convince gli altri dirottatori a fare rotta verso l’Egitto, dove li attende un aereo di esfiltrazione, ma prima devono deporre le armi. L’America però non cede, non vuole un compromesso. L’Italia accetta a condizione che a bordo non ci siano episodi di violenza. Ovviamente il mediatore, Abu Abbas, omette di raccontare la vicenda di Klinghoffer. Il salvacondotto viene firmato: un rimorchiatore egiziano preleva i dirottatori che vengono imbarcati su un Boeing in volo per Tunisi. La nave è liberata. Ma la storia non finisce qui. L’America non si arrende: vuole quei terroristi. Così due caccia della Delta Force intercettano il Boeing e lo costringono ad atterrare in Sicilia, presso la base Nato di Sigonella.

Notte di Sigonella, scontro evitato all’ultimo minuto

Qui inizia un’altra storia, quella che porterà al rischio concreto di uno scontro armato tra l’Italia e gli Stati Uniti, con un delicatissimo faccia a faccia politico tra Ronald Reagan e Bettino Craxi e militare tra il generale italiano Martini e quello americano Stiner. Dunque, Craxi autorizza l’atterraggio del Boeing a Sigonella, ma non intende cedere i terroristi al presidente degli Stati Uniti, forte della legittima giurisdizione territoriale dell’Italia: per questo motivo ordina alle autorità militari di blindare il Boeing egiziano. L’aereo viene circondato da tre cerchi di protezione: soldati, van dell’aeronautica e carabinieri. L’America non arretra: vuole prendere i terroristi. Le forze speciali della Delta Force, guidate dal generale Stiner, raggiungono il Boeing e accerchiano gli avieri e i militari italiani, i quali circondano a loro volta gli americani con mezzi corazzati.

“Volevano prendere a tutti i costi quei terroristi, uno in particolare, Abu Abbas, che ritenevano fosse il vero capo del commando”, racconterà poi il comandante Martini. Dopo un lungo stallo alle 5.30 del mattino, gli americani lasciano la base Nato, ma non è ancora finita. Quando il governo italiano dispone il trasferimento dei dirottatori a Ciampino, il volo del Boeing viene intercettato da due aerei americani, uno dei quali, con una finta emergenza, riesce ad atterrare sulla pista, ponendosi di traverso per impedire l’atterraggio del Boeing egiziano. Sono attimi cruciali. Il generale Martini perde la pazienza e ordina al colonnello militare dell’aeroporto di far sapere agli americani che, se non lasciano libera la pista, verranno rimossi con la forza entro 5 minuti. In realtà ne basteranno 3, l’aereo americano lascia la pista. Sono le 23.15 dell’11 ottobre 1985 e si è appena conclusa la lunga “notte di Sigonella”, che tra il 10 e l’11 ottobre del 1985 ha tenuto cittadini italiani col fiato sospeso.

Un ergastolo e una morte piena di dubbi

Abu Abbas, la mente del dirottamento, il giustiziere del disabile americano, il finto negoziatore nelle trattative con i governi, riesce a farla franca. Mentre gli Stati Uniti lo accusano dell’esecuzione di Klinghoffer, l’Italia, in assenza di evidenze e di prove a suo carico, lo lascia andare subito con un volo civile per Belgrado, protetto dal suo stato di diplomatico tunisino in quanto mediatore della vicenda. Pochi mesi dopo, nel 1986, emergono prove certe del suo ruolo nel dirottamento e nell’omicidio di Leon Klinghoffer, che porteranno il tribunale di Genova a condannarlo all’ergastolo in contumacia. Vive da latitante per molti anni, finché, nel 2003, proprio le truppe americane riescono a rintracciarlo e ad arrestarlo. Muore l’anno successivo, ufficialmente per cause naturali, ma alcune teorie mettono in dubbio questa versione.

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