Economia
In un anno segnato da instabilità economica globale, le società di capitali umbre chiudono il 2024 con un bilancio a due facce in cui la produzione e il valore aggiunto sono in rialzo e gli investimenti e l'occupazione rimangono solidi. Eppure, la redditività precipita, confermando un paradosso regionale: l'Umbria cresce, ma guadagna meno. I dati provvisori della Camera di Commercio dell'Umbria, basati sul 70% dei bilanci depositati, dipingono un tessuto produttivo resiliente ma frenato da limiti strutturali. Il quadro definitivo arriverà a dicembre, ma il messaggio è che serve una virata verso la qualità per trasformare la tenuta in decollo.
Il valore medio della produzione per impresa di capitali balza da 4,5 milioni di euro nel 2023 a 4,6 milioni nel 2024. Parallelamente, il valore aggiunto mediamente cresce da 891.462 euro a 921.464 euro, superando sia la media nazionale – ferma a 885.373 euro – sia quella del Centro Italia, calcolata su Toscana, Marche e Umbria a 776.142 euro. Ma il fronte della redditività getta un'ombra. L'Ebitda margin – l'indice che misura il guadagno reale dalle attività core – cala dall'8,4% all'8,3%. Un trend condiviso a livello nazionale, dove il calo è da 9,9% a 9,3%, e nel Centro Italia, da 8,7% a 8,5%. In Umbria, ciò tradisce un problema cronico: per ogni 100 euro di ricavi, un'impresa locale incassa solo 8,3 euro di margine operativo, contro i 9,3 euro italiani e i 9,5 euro del Centro. "Si lavora molto, si guadagna poco", riassume l'analisi della Camera di Commercio dell'Umbria. Anche gli utili netti medi per impresa – 190.533 euro in Umbria – restano sotto la media nazionale di 196.180 euro, pur battendo quella del Centro a 158.845 euro. Un divario che, come vedremo, si amplifica tra province.
Le disparità territoriali sono il nervo scoperto dell'Umbria. Perugia traina con un Ebitda margin stabile all'8,5% (in lieve calo dall'8,7% del 2023), vicino alla media del Centro ma un punto sotto quella italiana. Terni, al contrario, vede il margine operativo scivolare dal 7,4% al 7,2%, segnale di un'area che arranca. Il gap si allarga su produzione e valore aggiunto: a Perugia, la produzione media per impresa sale da 4,892 milioni a 4,994 milioni di euro, mentre il valore aggiunto passa da 971.656 a 1.006.000 euro. A Terni, invece, la produzione media resta praticamente ferma, da 3,379 milioni a 3,361 milioni di euro, e il valore aggiunto si limita a crescere da 644.416 a 659.894 euro. Il vero abisso emerge sugli utili netti: 224.169 euro medi a Perugia contro 86.913 euro a Terni. Una forbice "strutturale, radicata da anni", come nota la Camera di Commercio, che penalizza l'intera regione.
Nonostante i tassi di interesse elevati, le imprese umbre scommettono sul futuro. Gli investimenti medi per società di capitali salgono da 1,883 milioni a 1,939 milioni di euro – sotto la media italiana di 2,113 milioni ma sopra quella del Centro a 1,9 milioni. Il trend pluriennale è incoraggiante: dal 2019 al 2024, la crescita è del 44,8%, contro il 32,1% nazionale e il 35,5% del Centro. L'occupazione rafforza il quadro: 14,6 addetti medi per impresa umbra, contro 13,5 in Italia e 11,7 nel Centro. "Un segnale di fiducia e radicamento sul territorio: si investe, si assume, si produce", evidenzia l'analisi. Ma il rendimento debole erode i frutti di questi sforzi. Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell'Umbria, non nasconde l'ottimismo misto a preoccupazione: "Le imprese umbre stanno dimostrando una straordinaria capacità di tenuta e di investimento anche in una fase complessa. Tuttavia, la redditività resta troppo bassa rispetto all'impegno profuso. È qui che dobbiamo intervenire: sulla qualità dei margini, sulla competitività e sul valore aggiunto dei prodotti. I dati definitivi di dicembre saranno decisivi per capire dove spingere di più e come accompagnare la crescita con politiche ancora più mirate e condivise".
Dietro i numeri positivi, la Camera di Commercio individua i freni invisibili: "La minore produttività di sistema, il posizionamento su produzioni e servizi a basso valore aggiunto e l'assenza di economie di scala continuano a pesare sulla redditività. Le imprese umbre mostrano un impegno maggiore, ma ottengono risultati più bassi. Non è un problema di capacità industriale, ma di contesto competitivo: filiere troppo frammentate, innovazione ancora parziale, scarsa valorizzazione del capitale umano e tecnologico".
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