Quando lo incontri, Lucio Lisarelli ti accoglie con un sorriso aperto e lo sguardo di chi ha visto la morte in faccia - e ha deciso di ripartire, di vivere due volte. È nato a Gubbio, nel giorno della vigilia di Natale del 1942, ma sembra avere l'energia di un trentenne quando sale sulla sua Lambretta del 1969. Lo ha fatto per decine di migliaia di chilometri, spesso senza mani, spesso su tornanti o cronoscalate. Ma la sua vera impresa è iniziata molto prima: dopo un trapianto di fegato.

- Lucio, torniamo indietro: come ha scoperto che qualcosa non andava?
Negli anni Novanta, dopo un incidente, ho cominciato ad avere problemi seri al fegato. Non si trattava solo di dolore: era qualcosa di più profondo. Avevo un prurito incredibile, la pelle gialla, ero sempre stanco. Ho fatto una serie di esami infiniti tra Perugia, Bologna, Londra e Milano, spesso con esiti diversi tra loro. Alla fine il verdetto: o un trapianto, o niente. Nel 1996, la sera del 24 dicembre, il mio secondo compleanno: il giorno in cui ho ricevuto il fegato nuovo a all'ospedale Maggiore Policlinico di Milano sotto la guida del professor Giorgio Rossi, dopo un intervento di 12 ore. Vorrei citare anche l'anestesista Paolo Prato e un saluto particolare lo rivolgo Lucio Ceccano responsabile della comunicazione dell'ospedale.
- E da lì, ha pensato di rallentare?
Ah, no! L'idea era proprio il contrario. Dovevo dimostrare a me stesso - e agli altri - che si può vivere dopo un trapianto, non solo sopravvivere. Ho preso la Lambretta e mi sono detto: ‘Facciamo qualcosa che nessuno ha fatto'. Volevo rompere il tabù del “non si può più”, del fatto che “la vita dopo un trapianto è necessariamente ridotta”.
- E così è arrivato il Guinness World Record.
Sì, nel 2012, esattamente il 12 agosto. Sulla pista ciclabile ‘Le Cerque' di Gubbio ho guidato per quasi 11 minuti senza toccare il manubrio, con l'acceleratore bloccato. In tutto 5 chilometri e mezzo. Stavo in piedi sulle pedane, dritto come un equilibrista. Mi hanno cronometrato, c'erano testimoni. Tutto ok, anche se il certificato Guinness non è mai arrivato: si doveva pagare. Ma non l' ho fatto solo per me: era per chi pensa che dopo un trapianto si debba rinunciare alla vita.

- Come si era preparato a un'impresa del genere?
Con tanto allenamento, e tanto rispetto. Io non faccio pazzie: studio, provo, capisco i limiti. Anche se sembra folle, non è improvvisato. La sicurezza viene prima di tutto. Ma sì, un po' di sana follia ci vuole (ride) e così, mi dicono, sono diventato il primo trapiantato di fegato al mondo ad aver ottenuto un record mondiale e quest'anno, il 24 dicembre, festeggio i 30 anni dall'operazione.
- Ma ci sono stati anche altri precedenti spericolati...
La cronoscalata del Trofeo Fagioli, nel 2019, quando ho percorso 4 km in 4' 26'' a una media di 56 km/h. Che volete, sono fatto così.
- Cosa le dicono le persone che la incontrano?
Tanti in tutti questi anni mi hanno fermato per strada, e mi hanno detto: ‘Lucio, mi dai speranza'. E questo è il mio vero premio. Collaboro con AIDO, vado nelle scuole, parlo ai ragazzi. Voglio far passare il messaggio: la donazione degli organi è un atto d'amore.
- E la Lambretta? Sempre la stessa?
Una 125 del 1969. La conosco meglio della mia casa! Ogni rumore, ogni vibrazione, so cosa mi vuole dire. È il mio simbolo di rinascita. Se potessi, la porterei anche a letto (ride ancora).
- Ha altri record in mente?
Mah, non corro dietro ai numeri. Se capita un'altra occasione, ci sto. Ma la mia vera corsa è quella della testimonianza. Finché avrò fiato e benzina, io vado.

- Cosa direbbe a chi ha paura di affrontare un trapianto?
Che la paura è umana, ma la vita è più forte. Dopo il trapianto non si smette di vivere. Si inizia un nuovo giro. E magari… su due ruote!
E così, a quasi 83 anni, Lucio Lisarelli è la prova vivente che la vita può essere riscattata, che la passione conta, che i limiti sono spesso più mentali che fisici. Il suo record su Lambretta è già nei libri, ma il suo record più grande è forse quello di aver ritrovato il coraggio, la gioia di vivere, la voglia di stupire - di sé e degli altri.