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Obesità: Italia prima al mondo a riconoscerla come malattia. La storia della rinascita di Nico che ha perso 30 chili in 6 mesi

Il primo ottobre il Parlamento ha approvato il decreto legge: ci si potrà curare con i soldi pubblici

02 Ottobre 2025, 17:11

Obesità: Italia prima al mondo a riconoscerla come malattia. La storia della rinascita di Nico che ha perso 30 chili in 6 mesi

L’obesità è finalmente riconosciuta come una malattia. Con l’approvazione definitiva del ddl 1483 avvenuta il primo ottobre, l’Italia diventa il primo Paese al mondo a considerare l’obesità una patologia, inserendola nei Livelli Essenziali di Assistenza e stanziando fondi per prevenzione, cura e inclusione. Chi vive con l’obesità affronta ogni giorno anche un fardello invisibile fatto di vergogna, isolamento, bullismo, ferite che lasciano cicatrici più profonde di quelle sul corpo. Insulti, giudizi, sguardi. Come nel caso di quella bambina di 11 anni umiliata dal padre con parole durissime, “cicciona, fai schifo”, che sono costate all’uomo una condanna (confermata in Cassazione nel 2025) per maltrattamenti e abuso psicologico. Eppure si può risalire. Lo dimostra Nico Berretti, ex vittima di bullismo e oggi giovane atleta e divulgatore: ha perso 30 chili, ma soprattutto ha ritrovato se stesso, trasformando il dolore in forza.

Il provvedimento

Dunque il primo ottobre il Parlamento ha approvato il ddl che riconosce l’obesità come una malattia cronica, progressiva e soggetta a recidive. Come altre patologie di interesse pubblico, quali il diabete, le malattie cardiovascolari, i gravi disturbi psichiatrici, anche l’obesità rientra nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), che garantiscono l’accesso gratuito o agevolato a diagnosi, cure, prevenzione e monitoraggio all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (Art. 2). Il provvedimento, frutto del lavoro dell’Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili”, guidato da Paolo Pella, punta a offrire risposte concrete a una condizione spesso sottovalutata e oggetto di pregiudizi. Per finanziare i programmi di prevenzione e cura, vengono destinati 700 mila euro per il 2025, 800 mila per il 2026 e, dal 2027, 1,2 milioni di euro ogni anno. Gli obiettivi spaziano dalla promozione di corretti stili di vita, all’incentivazione dell’allattamento al seno, fino al coinvolgimento attivo dei genitori nelle scelte alimentari dei figli. Una particolare attenzione è rivolta all’inclusione nell’ambito scolastico, sportivo e lavorativo. Sono previsti fondi annuali per corsi e aggiornamenti destinati agli operatori sanitari, ai medici di famiglia, ai pediatri e al personale del Ssn. Inoltre, viene istituito presso il Ministero della Salute l’Osservatorio per lo Studio dell’Obesità (Oso) per il monitoraggio e la diffusione delle buone pratiche tra la popolazione italiana. “Con questo voto, il nostro Parlamento renderà l’Italia il primo Paese al mondo a riconoscere ufficialmente l’obesità come malattia, dimostrando maturità e visione di fronte a una delle più grandi, se non la più urgente, emergenze sanitarie globali”, commenta Pella.

Dalla malattia al reato, il bodyshaming

L’obesità è una condizione medica in cui il corpo immagazzina troppo grasso, al punto da compromettere il buon funzionamento degli organi e aumentare il rischio di malattie come diabete, patologie cardiache e problemi articolari. Ma non è tutto: può avere ripercussioni psicologiche significative che incidono profondamente sulla qualità della vita. Depressione, ansia, bassa autostima e disturbi dell’umore si attivano facilmente, aggravati dal senso di vergogna, generando un disagio ancora più profondo: l’isolamento, una condizione non solo individuale ma spesso indotta dal contesto sociale. È il caso del body shaming: una forma di discriminazione e violenza, verbale o fisica, basata sull’aspetto esteriore, che colpisce spesso persone obese, ma non solo, e coinvolge individui di ogni età, sempre più spesso bambini. Si manifesta attraverso un linguaggio che può lasciare ferite profonde e che può sfociare in vero e proprio abuso. È stato così per quel padre che ha insultato la figlia di 11 anni per il suo aspetto fisico: “Cicciona, fai schifo. Susciti repulsione in me e in chi ti guarda”! La Corte di Cassazione lo ha condannato per maltrattamenti in famiglia e abuso psicologico verso un minore. “Parole come cicciona, brutto, nano, secca, possono provocare gravi conseguenze psicologiche, soprattutto se rivolte da un genitore a un figlio in età evolutiva”, si legge nel dispositivo della sentenza.

Storie di rinascita

Ma accanto a queste esperienze di sofferenza, ce ne sono altre che dimostrano come sia possibile cambiare rotta. È il caso di Nico Berretti, di Castiglion Fiorentino, che a 13 anni fu bersaglio di bullismo a causa del suo sovrappeso, una condizione che peggiorò gradualmente fino a raggiungere i 100 chili. Oggi Nico vive ad Arezzo, ha 23 anni e conduce una vita piena e serena. Ha superato l’obesità grazie a un’alimentazione bilanciata, all’attività fisica e a un sogno da inseguire: la boxe, che lo ha portato a perdere 30 chili in 6 mesi, ma che abbandonò perchè non accettava le sconfitte.  Se il dimagrimento fu rapido, molto meno lo fu la guarigione delle ferite interiori. I fantasmi del passato, il bullismo, lo stigma sociale lo hanno tormentato a lungo, spingendolo verso una vita disordinata. Quando infine toccò il fondo, schiantandosi con l’auto contro un cartello stradale, decise di risalire e riconnettersi con la parte migliore di sé. Da allora vive all’insegna del benessere e del fitness. Si occupa di divulgazione, racconta la sua esperienza ai giovani nelle scuole, negli oratori, ovunque la sua testimonianza possa essere d’aiuto. È anche preparatore atletico della Clericus, la squadra di calcio dei sacerdoti di Arezzo.

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