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Pecorino? È un vitigno dell'Umbria

Per il professore Giacchè compare per la prima volta nello statuto comunale di Norcia (1526): la citazione anticipa di 4 secoli le Marche

11 Settembre 2025, 12:26

Pecorino? È un vitigno dell'Umbria

Il Pecorino, vitigno a bacca bianca coltivato soprattutto in Umbria e nelle Marche, dopo un periodo di declino sta vivendo una fase di rilancio, grazie al rinnovato filone dei vitigni autoctoni che si stanno contrapponendo, anche dal punto di vista economico, a quelli alloctoni, soprattutto francesi, molto diffusi in Italia. Già Mondini, nel 1903, sottolineava l'inutilità del ricorso a varietà internazionali coltivate in tutti i continenti, scelte esclusivamente in base a esigenze commerciali.

Al contrario, i vitigni autoctoni sono dei marcatori della territorialità e garantiscono vini diversi, in grado di distinguersi.
Inoltre, la conservazione di tale patrimonio ha un valore strategico dal punto di vista produttivo e commerciale, poiché in grado di offrire un valore aggiunto all'economia di territori critici, quali quelli montani e pedemontani, da tempo penalizzati da spopolamento e cali demografici. Forse è il caso di ricordare che la viticoltura umbra vanta origini antichissime, le cui fondamenta si sviluppano in epoca etrusca, dapprima, e romana, successivamente, quando molteplici autori del tempo osannavano le qualità dei vini umbri, come Marziale e Plinio il Vecchio.

Nel Medioevo sono stati gli ordini monastici, Cistercensi e Benedettini, ad occuparsi della questione viticola regionale, la quale successivamente fu ceduta alla nobiltà del tempo e allo Stato Pontificio. L'opportunità di rinvenire genotipi dimenticati o caduti in disuso in Umbria è piuttosto elevata e si concretizza grazie ai pochi viticoltori custodi che, almeno in Italia centrale, operano nelle zone interne pedemontane e montane della catena Appenninica e che hanno continuato a coltivare tali genotipi, grazie al loro spirito conservatore e al forte attaccamento alle tradizioni locali e familiari.

Un po' di storia

Secondo il professore Piergiorgio Giacchè (2017), il vitigno Pecorino compare per la prima volta in assoluto nello statuto comunale di Norcia, pubblicato nel 1526 nella rubrica CXII del Libro Terzo che tratta della giustizia civile, ove si prescrive l'obbligo a "tutti i singoli homini della dicta terra e suo districto che hanno le vigne de pecurino di piantare nelle loro vigne o possessioni ad mino mezo staro de canne per sorreggere i tralci".


Secondo lo stesso autore questa citazione anticipa di quasi 4 secoli quella relativa al Pecorino nella regione Marche.
La scelta di questo vitigno potrebbe essere collegata alla sua elevata capacità di adattamento a condizioni ambientali difficili, quali quelli di un areale montano. Ciò fu ben documentato dall'avvocato A. Benucci il quale, incaricato dal Governo Pontificio nel 1871 della revisione dei catasti, compila una relazione sul territorio di Norcia ed attesta che "... per avere il vino a forza di mine e di picconi per lo più fanno fosse nelle pietre, e queste viti non hanno più lunga vita, che di sett'anni. Amena è la vista della coltivazione, mentre sul ridosso dei monti tengono in ottima semetria le viti, che sembrano tanti viali di ville e giardini".

Svariate testimonianze scritte sul Pecorino risalgono al 1870, anno in cui venne nominata la commissione ampelografica dell'Umbria che aveva l'obiettivo di studiare le condizioni di allevamento della vite nella regione al fine di presentare soluzioni e aiutare i vini locali a inserirsi nei mercati. Nel 1877 e 1879, l'Ing. De Bosis lo inserisce, citato come Pecorina o Dolcipappola, nei Bullettini Ampelografici, precisamente nei Fascioli VIII e XII, descrivendone la fenologia e le caratteristiche agronomiche e segnalato tra quelli che forniscono un prodotto abbondante, che raramente manca.


Nel 1986, il prof. Antonio Succi inserisce il Pecorino tra i vitigni coltivati nel comprensorio di Foligno. Nel 1893, il Baldeschi lo inserisce nell'Annuario Generale per la Viticoltura e l'Enologia, sezione "I Vitigni e i Vini dell'Umbria". Nel 1905, il Bertazzoni, assistente alla Cattedra di Coltivazioni del Regio Istituto Superiore Agrario di Perugia, nel suo articolo dal titolo "Se sia da preferirsi la potatura lunga o corta" riporta che tale vitigno si adatta bene sia potato lungo a guyot che corto a cordone speronato. Ancora il Bertazzoni, in una miscellanea di fine 1800 - inizi 1900, dal titolo "Vario grado di resistenza opposta dai vitigni dell'Umbria all'oidio e alla peronospora" indica tale vitigno come sensibile nei confronti dell'oidio e mediamente sensibile nei riguardi della peronospora. Nel 1923, il prof. Cavazza lo inserisce nell'elenco dei vitigni più importanti coltivati nella Regione VI "Marche e Umbria", con il nome di Pecorina.

Oggi, dati ufficiali del catasto viticolo dell'Umbria denunciano la presenza di 11,6 ettari in provincia di Perugia ed appena 0,04 ha in quella di Terni. Il Pecorino, iscritto nel registro nazionale delle varietà di vite nel 1970 con codice n. 184, in Umbria trova storicamente il suo habitat originario e ideale nelle aree della Valnerina e nella valle del Menotre.

Valnerina

Ovvero la valle attraversata dal fiume Nera che comprende svariati territori montani e pedemontani dell'Umbria e delle Marche, è stata per secoli un silente bacino di conservazione per il Pecorino. Quest'area è conosciuta per la sua integrità naturalistica, per i luoghi mistici e religiosi, per la lavorazione delle carni (soprattutto suini), per il tartufo nero pregiato, per l'allevamento degli ovini e la produzione di formaggio pecorino, nonché come luogo di villeggiatura estiva e purtroppo anche come epicentro di svariati terremoti (andando a ritroso nel tempo, 30 ottobre 2016, 26 settembre 1997, 19 settembre 1979, 22 agosto 1859, 12 maggio 1730, 14 gennaio 1703 e 1 dicembre 1328, tutti con magnitudo compreso tra 5,6 e 6,8, tanto da far rientrare questo territorio nelle aree di pericolosità sismica 1 su una scala di 4).
Territorio questo decisamente difficile, ma che nel 1951 possedeva un patrimonio viticolo di tutto rispetto con ben 770 ha di vigneto specializzato e 239 ha in coltura promiscua (Desplanques 1969).

Progetto Norcia

Un progetto iniziato nel 2005, finanziato dalla Regione Umbria e coordinato dallo scrivente, ha visto la costituzione di un vigneto sperimentale ad una altitudine di oltre 800 m s.l.m. in località San Pellegrino (Norcia) con ben 9 vitigni a bacca bianca (Pecorino, Passerina, Manzoni bianco, Chardonnay, Muller Thurgau, Traminer aromatico, Pinot bianco, Sauvignon blanc e Moscato giallo) e 8 vitigni a bacca nera (Aleatico, Refosco, Malbech, Ciliegiolo, Pinot nero, Cabernet Franc, Franconia e Teroldego). L'intento del progetto era quello di individuare i vitigni meglio adattabili alle condizioni climatiche e pedologiche del territorio in esame e capaci di esprimere alti profili qualitativi.

Prof. Alberto Palliotti, docente di Viticoltura presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia


Di fatto fu avviata la ricerca di eccellenze enologiche attraverso lo sfruttamento del fattore altitudine e di aree pede-montane e montane ove, accanto ad un difficile altro impiego agrario, avrebbe potuto consentire la reintroduzione della coltivazione della vite nel bacino della Valnerina, visto che non più di 70-80 anni tale coltivazione era particolarmente florida.
Un triennio di osservazioni, dopo la fase di allevamento, incluso apposite microvinificazioni e analisi dei vini finiti, ha permesso di evidenziare una buona adattabilità e ottime performance sia vegeto-produttive che qualitative dei vitigni Pecorino, Manzoni bianco, Pinot nero e Traminer.

Valle del Menotre

È una delle zone naturalisticamente e paesaggisticamente più interessanti dell'Appennino Umbro-Marchigiano con un altipiano che penetra per oltre 10 km fra quote comprese fra 250 e 830 m s.l.m. all'interno dei monti circostanti.
Il Menotre, è un fiume di alta collina che nasce dalle sorgenti del fosso Favuelle ad 800 m s.l.m. e del monte Mareggia. Al di sopra di Rasiglia, ove il fiume si arricchisce di svariate acque tributarie, precisamente in località Morro, sopra 700-750 m s.l.m., vi sono alcuni pianori caratterizzati dalla presenza di aceri campestri piantati alla distanza di 15-20 m l'uno dall'altro e accompagnati, alla base, da una o due viti di Pecorino ancestrale, di oltre 100 anni di vita e allevati franchi di piede, cioè senza portinnesto.

Analisi ampelografiche, dapprima, e molecolari, successivamente, hanno stabilito l’identificazione genetica mediante apposite sequenze del DNA. Abbiamo poi accertato, grazie al prezioso aiuto dell’amico Emiliano Marini, profondo conoscitore della valle del Menotre, che nei boschi sopra località Morro sono ancora presenti vecchi aceri alla cui base si ergono viti di Pecorino ultracentenarie, franche di piede, la cui chioma, ancora vitale e produttiva, si sviluppa sulle alte chiome degli aceri a circa 10-15 m di altezza.

Si presume che queste sono le madri di quelle viti di Pecorino prima descritte e riscontrate sul pianoro di Morro, il cui proprietario è il prof. Domenico Filipponi.

Nonostante questo patrimonio viticolo e la presenza ancora in vita di patriarchi ultracentenari di Pecorino, la sua diffusione in Umbria rimane ancora molto limitata, anche se in questi ultimi anni si è ravvivato l’interesse verso questo vitigno, tanto da essere messo a dimora in differenti località della regione.

Dal punto di vista sensoriale, il vino presenta un colore giallo paglierino con vivaci riflessi verdognoli, al naso note speziate e di frutta matura, soprattutto pesca, e delicate note agrumate. Il profilo gustativo si caratterizza per una piena freschezza, che ben si amalgama con un’ottima struttura definita da un più che sufficiente estratto secco netto, lungamente persistente e con note sapide e minerali, adatto ad essere invecchiato in bottiglia.

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