Attualità
Un pezzo d’Africa nel cuore verde d’Italia. A pochi chilometri da Todi, tra le colline di Rosceto, vive un luogo che sembra uscito da una fiaba selvaggia: il Leo Wild Park, diciannove ettari di natura, tre laghi navigabili, e oltre 250 animali esotici e autoctoni che convivono in un equilibrio fragile e meraviglioso.
Non è un sogno, né un set cinematografico: in questa oasi l’eco dei cammelli si mescola al richiamo degli ibis scarlatti e allo sguardo fiero delle giraffe che accompagna il passo lento dei mufloni africani. Dopo nove anni è nato anche il primo tapiro.
Chi varca il cancello ha la sensazione di lasciare l’Italia per entrare in un mondo sospeso, dove convivono creature che sembrano uscite da un atlante di geografia e zoologia: zebre rarissime, cammelli siberiani a due gobbe, dromedari nordafricani, alpaca delle Ande, struzzi australiani, mufloni del Camerun, piccoli muntjak asiatici e ibis dalle piume rosso fuoco. Ogni specie ha il suo spazio, ognuna racconta un continente, un paesaggio, un ritmo diverso della natura.
Il regista di questa “arca di Noè umbra” è Leonardo Boccanera, 48 anni, che molti chiamano semplicemente Leopark. Un uomo fuori dal comune, con un mestiere unico in Italia: trasporta animali provenienti da ogni angolo del mondo ed è l’unico nel Paese ad avere l’autorizzazione per il trasferimento delle giraffe.
Quest’anno la sua vita si è intrecciata con una missione che sembra uscita da un film: il salvataggio di un leone tenuto illegalmente come attrazione in un ristorante del Kosovo. Un’operazione lunga, rischiosa e delicata, che ha richiesto quattro mesi di preparazione. Alla fine, il leone è stato condotto in salvo nei Paesi Bassi, lontano dallo sfruttamento.
“È stata un’impresa complessa – racconta Leonardo – abbiamo attraversato 11 Paesi, percorso 3.115 chilometri, guidato per 47 ore e atteso altre 13 in dogana”. Numeri che raccontano solo in parte la fatica e la determinazione dietro a un viaggio che ha avuto come obiettivo la libertà di un animale.
E non è tutto. Sempre nel corso dell’anno, Leonardo ha portato a termine un’altra missione memorabile: il trasporto in Marocco di due giraffe e quattro zebre, destinate al re. Un compito che solo lui, con la sua esperienza e la sua passione, poteva portare a termine. E’ stato anche il primo italiano a trasportare un Opaki, un giraffide di medie dimensioni che vive in Africa.
Leonardo Boccanera non è soltanto un trasportatore di animali: è il custode silenzioso di viaggi straordinari, dove ogni chilometro percorso diventa un atto d’amore verso creature che non hanno voce.
Da bambino osservava gli animali con stupore, da ragazzo nascondeva pitoni nella casa del nonno, da adulto ha trasformato quella passione in ragione di vita.
“Gli animali sono la mia famiglia – racconta –. Quando uno di loro muore, è come perdere un parente. Il cuore si spezza, ma la forza per andare avanti la trovo guardando negli occhi chi resta”.
Leonardo vive quasi in simbiosi con le sue creature. Ne porta addosso i segni – cicatrici e graffi che lui stesso definisce “piccoli incidenti di percorso” – ma anche la gratitudine e l’affetto di chi lo riconosce come guida. “Tarzan moderno”, lo definiscono molti, anche se lui preferisce un altro paragone: “Mi sento più un Indiana Jones, perché ogni giorno è un’avventura, e bisogna essere pronti a tutto”.
Il Leo Wild Park non è solo uno zoo, né un semplice rifugio. È una fattoria didattica, un percorso educativo che accoglie bambini e famiglie, offrendo la possibilità di conoscere da vicino specie che altrimenti esisterebbero solo nei libri o in un documentario.
“I bambini restano senza parole davanti alle giraffe – spiega Leonardo – e gli adulti, a volte, più dei bambini. È un modo per trasmettere il rispetto per la natura, per ricordare che siamo ospiti di un mondo che non ci appartiene”.
Il modello a cui si ispira sono gli zoo tedeschi e olandesi: pulizia, ordine, attenzione maniacale agli spazi. Qui niente gabbie anguste, ma recinti ampi e habitat che cercano di riprodurre, almeno in parte, quelli naturali. E per gli animali solo cibo di prima scelta: mele fresche per le zebre, pesce selezionato per i pinguini che un tempo popolavano il parco, cure quotidiane per ogni singola creatura.
Dietro al parco c’è però una vita fatta di viaggi durissimi e di sacrifici economici. Leonardo, infatti, è uno dei pochi specialisti europei nel trasporto di animali vivi per conto degli zoo. Un mestiere che si è inventato da autodidatta e che oggi lo porta a muoversi in tutta Europa, con spostamenti infiniti a bordo del suo camion attrezzato.
“A volte devo percorrere anche quattromila chilometri a sessanta all’ora – racconta – con ippopotami o orsi a bordo. Strade dissestate, dogane infinite, imprevisti dietro ogni curva. Ma mi chiamano perché sanno che con me gli animali viaggiano sicuri”.
Il telefono squilla spesso, e le richieste arrivano da ogni parte del continente. “È un lavoro snervante – ammette – ma non lo cambierei con nessun altro. Mi dà la possibilità di conoscere animali straordinari e, soprattutto, di garantire loro una vita dignitosa”.
Mentre lui è in viaggio, al parco resta Elisa, la sua compagna, sempre al fianco di Leonardo condividendone sogni e fatiche.
La storia di Leonardo sembra scritta da un romanziere. Tutto inizia nel 1996, quando, studente all’istituto agrario di Todi, riceve in regalo un pitone. I genitori, terrorizzati dai serpenti, lo costringono a nasconderlo a casa del nonno. Poco dopo arriva una femmina, e con la riproduzione dei primi serpenti Leonardo capisce che quella può diventare la sua strada.
Da lì in poi è un crescendo di scambi, allevamenti, esperimenti: ratti, furetti, puzzole, iguane, fino ad arrivare a dromedari, cammelli e giraffe. Il primo asino, “Jonny”, diventa il sindaco del parco, il capostipite di una comunità che oggi conta centinaia di animali.
“Quando sono riuscito ad acquistare la coppia di giraffe – ricorda con orgoglio – ho avuto la sensazione di toccare il cielo con un dito. Era il sogno della mia vita, e ancora oggi, quando le guardo, mi emoziono come il primo giorno”.
Non sono mancati i momenti difficili. Una volta un’epidemia di polmonite, arrivata con un animale malato, contagiò molti esemplari del parco causando una strage. “Pensai di mollare tutto – ammette – ma gli occhi degli animali sopravvissuti mi hanno dato la forza di ricominciare”.
Ci sono stati sacrifici enormi: anni passati senza uscire la sera per risparmiare i soldi del cibo, lavori umili accettati solo per mantenere gli animali, rinunce personali. E anche delusioni, come quella di non essere mai stato coinvolto dal suo paese nel presepe vivente, mentre i suoi cammelli venivano richiesti in tutta Italia.
Eppure Leonardo non si è mai fermato. Oggi i suoi animali partecipano a rievocazioni storiche, spettacoli e manifestazioni culturali, e il suo parco continua ad attirare curiosi, appassionati e famiglie.
Chi lo conosce sa che Leonardo ha fatto una scelta radicale. Non ha un’auto, non frequenta cinema né discoteche, non ha mai smesso di vivere per gli animali. “Gli animali non mi hanno mai tradito – dice – ed è per loro che ho rinunciato a tutto. In cambio mi hanno dato la libertà di essere me stesso”.
Camminando accanto a lui tra i recinti, si percepisce quella libertà. Ogni animale ha un nome, una storia, un legame speciale con lui.
“Nessuno di loro è stato strappato alla natura – sottolinea –. Sarebbe una violenza. Tutti sono nati in cattività, e qui trovano casa”.
Leonardo sogna ancora: vorrebbe ospitare un giorno i cavalli primitivi della Mongolia, considerati gli antenati di tutte le specie domestiche. Intanto guarda alle sue giraffe, ai suoi cammelli, agli ibis scarlatti che colorano il cielo sopra il parco.
E, con un sorriso fiero, conclude: “Forse non avrò mai riconoscimenti ufficiali, ma va bene così. Mi basta sapere che, in questo angolo d’Umbria, ogni giorno la natura torna a respirare”.
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