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"Il calcio è il driver, Pippo. Ci siete tu e il calcio come driver. Tu hai fatto la televisione". Con queste parole, pronunciate il 19 gennaio 2010 da Giulio Malgara, fondatore di Auditel, si celebrava Pippo Baudo, come conduttore e soprattutto come colonna portante della televisione italiana. Nella Sala capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria Sopra Minerva, a Roma, davanti a una platea di parlamentari, intellettuali e volti noti dello spettacolo tra cui Maurizio Costanzo e Renzo Arbore, Baudo veniva riconosciuto come l'uomo che non ha solo condotto la Rai, ma l'ha pensata e plasmata, fino a renderla un'istituzione.
Un critico dell’Auditel e un visionario del servizio pubblico
Quella giornata, organizzata dall'allora presidente della Commissione di vigilanza Rai Sergio Zavoli, fu un'occasione per riflettere sullo stato della televisione italiana, con un focus sul ruolo del servizio pubblico. Baudo, con la sua proverbiale schiettezza, non risparmiò critiche al sistema Auditel: "Un'innovazione terribile, ci ha abituati ai numeri, ai risultati, e non a quanto sta dentro a tali risultati". Per lui, l'equazione tra share e qualità non funzionava: "Quando un programma ha successo di pubblico, automaticamente è gradito. Ma non è così", riporta Adnkronos. Poi, la proposta per garantire l'indipendenza della Rai grazie all'inserimento del canone in bolletta. Un'idea che si concretizzerà con la legge di bilancio 2016 per assicurare risorse sufficienti a produrre contenuti di qualità, svincolati dalle logiche commerciali. "Il prodotto deve rispettare la volontà di chi paga il canone, ma anche interessare gli inserzionisti", spiegava. Inoltre, suggerì di affidare le televisioni regionali alle singole regioni, un'intuizione per alleggerire i costi della Rai senza sacrificare posti di lavoro.
L'intrattenimento come missione
Ma è sul concetto di intrattenimento che Pippo Baudo ha lasciato il segno più profondo. "Mi chiedo quale sia la differenza tra servizio pubblico e televisione commerciale. Non la vedo", dichiarava, sottolineando la necessità di un'offerta che dialoghi con il pubblico, anche a costo di qualche punto di share in meno. Celebre la sua risposta al critico Aldo Grasso, che lo rimproverava per aver ospitato attori di cinepanettoni: "Presento anche altre cose". E raccontava con orgoglio di aver portato a Domenica In una televisione colta, capace di ospitare persino Alberto Moravia, convincendolo a partecipare nonostante il suo noto disprezzo per il mezzo televisivo. Baudo ha saputo unire la perfezione formale del varietà tradizionale – fatto di balletti e coreografie impeccabili – al "fattore umano", quell'imprevisto, quell'umanità che rendeva i suoi programmi vivi, autentici. È questo il lascito che emerge con forza dalle parole di Rosario Fiorello, che, uscendo dalla camera ardente allestita al Teatro delle Vittorie, ha reso un commosso omaggio al maestro.
Fiorello: "Pippo è stato più di un conduttore, è stato la televisione"
Per Fiorello, Baudo era un simbolo, oltre che un collega prezioso: "Per noi siciliani è stato un vanto, un orgoglio", ha raccontato con la voce rotta dall'emozione. "Sapere di essere conterranei ci riempiva il cuore". Il loro legame, cementato da radici comuni, si esprimeva in un codice scherzoso, fatto di battute in dialetto e risate complici. Ma al di là dell'aspetto personale, Fiorello riconosce in Baudo un gigante: "Non ho un aggettivo per dire cosa rappresenti per la televisione italiana, soprattutto per la Rai. Dovrebbero sostituire il cavallo di Viale Mazzini con una statua di Pippo". Guardando i vecchi programmi di Baudo, Fiorello riflette sulla televisione di oggi: "Siamo presi da una frenesia, una velocità. Io per primo faccio gag da 30 secondi. Ma guardando i suoi show, con pezzi musicali di 10 minuti, monologhi di 15, sigle di 5, mi sono detto: ‘Questa è la televisione’".
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Un'eredità da custodire
Fiorello rifiuta l'etichetta di erede – "Non io, non io" – ma riconosce che Baudo ha dato lezioni a tutti, "senza voler insegnare, solo guardandolo". Il suo lascito più grande è aver portato l'umanità in un mezzo che rischiava di essere freddo e perfetto. "Speriamo di non perdere questo", conclude Fiorello.
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