Perugia
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” chiedeva ogni giorno la regina Grimilde, matrigna di Biancaneve, sperando ogni volta di sentir pronunciare dallo specchio magico il suo nome, ma, come è noto, sempre invano. L’ira e la delusione l’ha poi spinta a diventare un’assassina come si narra nella bella favola dei fratelli Grimm. La domanda è: quanto la bellezza è determinante nella vita e nella felicità di un essere umano? E cosa invece la non bellezza riesce a produrre nell’equilibrio psichico di ognuno di noi?
A queste due domande rispondono due psichiatri di eccellenza che hanno fondato e dirigono il centro sui disturbi del comportamento alimentare Il pellicano di Perugia: la fondatrice e direttrice Assunta Pierotti e il direttore del comitato scientifico Aldo Stella con il libro Il piacere di piacere e di piacersi, sottotitolo L’ambizione estetica nei disordini alimentari (Morlacchi editore), una riflessione, come è scritto nella prefazione, “su un aspetto per lo più trascurato da coloro che si occupano di anoressia e bulimia mentale” con l’intendimento “di mettere in luce l’importanza che l’aspirazione alla bellezza del corpo può avere sulle patologie alimentari che non dipendono da problemi organici ma dall’assetto mentale”. In pratica un vuoto teorico che, a loro avviso, spesso viene tralasciato da chi se ne occupa a tempo pieno ovvero il rapporto che un adolescente instaura con il proprio corpo e con il cibo sin dall’infanzia, rapporto che è, senza ombra di dubbio, parte integrante dell’interno processo di costruzione dell’identità personale. L’ambizione estetica , l’aspirazione alla bellezza non è un atteggiamento immaturo e superficiale ma una delle molle fondamentali della realizzazione di sé soprattutto in una società dove la bellezza viene considerata uno strumento fondamentale per ottenere l’apprezzamento degli altri. Le teorie psichiatriche e psicoanalitiche relegano in secondo piano questa teoria concentrandosi su argomentazioni più profonde “A noi sembra invece” dicono gli autori nel loro saggio” che non possa venir trascurato il fatto che esiste molto spesso, nella storia dei soggetti che presentano dei disturbi dell’alimentazione, per lo meno all’inizio dei sintomi, una forte insoddisfazione per il proprio aspetto fisico”. Cosa che fa scattare il disturbo.
Il libro, come era doveroso, si conclude con il “modello Pellicano” che si appoggia su quattro parole chiave: la responsabilità, la consapevolezza, l’autonomia e l’auto-mutuo-aiuto. Ovvero a partire dall’aiuto al paziente a prendere consapevolezza della propria condizione, poi l’accoglienza e la riflessione di quanto viene riferito dal paziente, a seguire il coinvolgimento delle famiglie per creare un’alleanza terapeutica e infine l’assetto cognitivo e quello psicofisico del paziente e la collaborazione in equipe con i servizi socio sanitari per creare un tessuto terapeutico allargato e organizzativo.
La lettura de “Il piacere di piacere e di piacersi” è un testo raccomandato soprattutto per tutti coloro che hanno a che fare con i giovani e per chi è chiamato ad accompagnarli nel processo di costruzione nella loro identità: terapeuti, genitori, insegnanti ma anche istituzione e mezzi di informazione. Tutto questo per affrontare un fenomeno sempre più in aumento in maniera efficace e soprattutto per prevenirlo.
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